Teuffel birdfish
"O famo strano?" è una frase, a dar credito alla noia, di una certa ricorrenza. Gira tra i boschi dell'insoddisfazione e sembra costituire, almeno nel momento in cui la si dice, un programma niente male e di sicuro godimento. Poi, le cose magan non vanno così strepitosamente bene come preventivato e non sono pochi a ritrovarsi con più di una goccia di amaro in bocca o qualche vuoto da succhiare. Stravolgere l'ordine delle cose, non è, infatti, cosa facile e nel campo sessuale, come in altri campi, questo comportamento è per molti configurabile tra le azioni contro natura.

Partendo da questa frase-bandiera dell'attuale carnalità, desidero iniziare un breve discorso su coloro che si accingono a varcare le colonne d'Ercole del Normale, del Quotidiano, in tutti i campi, compreso quello della progettazione di nuovi strumenti, di nuove chitarre. Questi novelli Ulisse devono possedere attributi cubici per farlo, pena una spiaggiatura disonorevole (leggi naufragio) alla prima burrasca, alla prima paura, al primo sbagliato movimento di timone. Sanno bene questi coraggiosi viaggiatori del Possibile che, oltre a quello che già c'è esiste il vuoto, un nulla da colonizzare con nuove idee da riempire con un'unghia di creatività, da spennellare con i colori dell'invenzione; e ci si buttano dentro e lavorano, lavorano, col rischio di esser ripagati con lo stesso vuoto, con una grande solitudine, con il fallimento.

C'è molto di eroico in questo ardire, in questo tentare molto di umano. É facile dire "A famo strana?", ipotizzando di costruire una nuova chitarra, ma quanti guizzi del pensiero ci vogliono per riprogettare il consueto, per ripensare le forme note incrementandone la funzionalitàe la bellezza? Non voglio mettermi qui, con mattoni e cazzuola, a innalzare il monumento a chi consuma il proprio tempo a progettare ma certamente mi si scalda il cuore di riconoscenza quando penso a chi pensa per noi e ci rende, quando la imbrocca giusta, la vita migliore.

Spostiamoci sulle chitarre, quelle elettriche per limitare il campo. Giorni fa giravo un librone fotografico che riportava moltissimi esempi dell'attuale produzione mondiale. Dopo una cinquantina di pagine mi è venuta una grande noia. Le forme che mi scorrevano sotto gli occhi si assomigliavano tutte. Rari erano gli esempi di qualche corpo o altra parte davvero originale. Vedevo le solite palette con le solite meccaniche, il solito corpo in stile Stratocaster (magari tirato un po' di qua e un po' di là), tutt'al più qualche forma oscena in stile tagliere-da-polenta o qualche altra, orrendamente aggressiva, a forma di accetta... Insomma, un disastro, una moltitudine di esempi di inerzia progettuale, di sonno cerebrale. Possibile mai? Agli inizi dell'era della chitarra elettrica c'erano stati esempi di ripensamenti delle forme (le Gibson Flying V, Explorer, Modern) e questi facevano prevedere che ci sarebbe stato un continuo movimento, una continua brezza propositiva che avrebbe vivacizzato il settore. E, invece, il venticello è presto calato, quella della Fender Stratocaster e altre poche forme hanno imperato e i conseguenti risultati economici hanno consegnato al freezer eventuali idee rivoluzionarie. D'altronde che ragione c'era e c'è di cambiare quando tutti volevano e vogliono quella cosa o i cloni di quella cosa?

Pur sottolineando l'ammirazione che ho sempre dimostrato al costruttore (gli ho dedicato anche un libro), mi vien da dire che le eccezionali intuizioni di Leo Fender hanno avuto nel lungo periodo anche qualche effetto, per così dire, negativo: quello, per esempio, di far addormentare il mercato sul acuscino" Strato. C'è da dire che succede spesso così quando si inventano cose belle e funzionali: concepirne di nuove che le superino in prestazioni diventa una sfida per pochi pazzi visionari, una sfida spesso destinata al fallimento.

Eppure, chi ci prova c'è sempre e uno di questi magnifici testardi, poeta delle forme e della sostanza, è a mio modesto avviso Ulrich Teuffel, un tedesco di una amabilità mediterranea, con sogni di una semplicità molto americana, una libertà progettuale molto nordica e una precisione realizzativa tutta teutonica. Insomma, una specie di ONU del progettista! L'ho conosciuto alla Fiera di Francaforte: le domande, I'ammirazione per il prodotto, una fiammella di reciproca stima, fiducia, l'entusiasmo... insomma, la Birdfish, anche se non importata, è qui a casa mia e cercherò di descriverla e di raccontarvi del suo inventore Ulrich Teuffel.

Ulrich ha incominciato a costruire chitarre nel 1984 e dal 1992 al 1997 ha studiato disegno industriale presso l'HochSchule fur Gestaltung (una specie di Alta Scuola, di Accademia per lo studio e la creazione delle forme) sotto l'insegnamento del Professor Hartmut Esslinger. La chitarra Birdfish è nata durante questo periodo di studio (nel 1994) ed è stata presentata in pubblico l'anno dopo. Io l'ho vista per la prima volta alla Fiera di Francoforte nel'98 e 1'ho rivista, in compagnia di un'altra nuova e interessantissima creazione, denominata Coco nel '99. In questi due anni lo strumento ha vinto l'International Design Award 1998 e il Premio Talente '99.

Sicuramente le forme della Birdfish sono conturbanti, le soluzioni originalissime ma la cosa che mi premeva di più era di verificare quanto la chitarra fosse scultura, o pezzo di altissimo artigianato, e quanto strumento musicale. É armato di quest'ultima curiosità che mi sono avvicinato all'oggetto, tentando di evitare di incantarmi sulle forme (che continuavano, comunque, a farmi passare sotto il naso profumi di bellezza e a stordirmi in continuazione) e di analizzare e giudicare la funzionalità in quanto chitarra elettrica.

Birdfish: un diavolo di chitarra
La Birdfish è una chitarra elettrica a risuonatori e pickup variabili costituita da uno scheletro formato da un'asse centrale metallica graduata e da due sculture metalliche che rappresentano un uccello (Bird, visibile da più di qualcuno con qualche sforzo d'immaginazione) e un pesce (Fish). Su questa struttura, legata e irrobustita dai due risuonatori cilindrici, fissati a entrambe le sculture, poggiano tutti gli altri elementi costitutivi dello strumento: il manico i pickup, il ponte e la plancia di controllo. La facile sostituibilità dei risuonatori e dei pickup ha spinto il costruttore a fornire in dotazione (compresi nel prezzo, dunque, e non come opzione) altri due risuonatori (ogni coppia ha il suo suono) e altri due pickup (entrambi humbucker) in aggiunta ai tre montati di serie (due single coil più un humbucker al ponte).

Inclusa nel prezzo è pure una magnifica borsa morbida in pelle nabuk, imbottitissima e super protettiva, dotata di una cinghia per il trasporto a tracolla. Per il trasporto a mano si usa il becco (potrebbe essere quello di un airone, di una garzetta) della scultura a forma di uccello che fuoriesce dalla custodia e che fa la funzione di un ottimo manico, per nulla stancante malgrado la rigidità. Il peso da trasportare (borsa compresa - gr 1.400 -, comprendente a sua volta i due humbucker di ricambio - gr 230 -, i due risuonatori di ricambio - gr 430 + 400 - e le chiavi di regolazione - gr 120) è di circa 6 kg mentre il solo strumento pesa poco più di 3 kg (intorno ai 3.200 grammi). Chi non vuole portarsi in giro tutta la dotazione può, quindi, limitare il peso a circa 4.5 kg, un fardello più che accettabile e in linea con il peso di una normale elettrica più custodia. Ma veniamo all'analisi e alla descrizione delle parti più originali.

Dispositivi per le corde e il manico
La chitarra, come potete vedere dalle foto, è una headless, cioè senza paletta, e già questa scelta la dice lunga in quale scuola di pensiero si colloca idealmente il costruttore. Sposando il dettato di Ned Steinberger, Teuffel si pone dalla parte di chi giudica la paletta una inutile complicazione (risonanze, contributo allo sbilanciamento, opinabile contributo estetico ecc.) e risolve l'ancoraggio delle corde e l'accordatura con molta semplicità. Evitando di obbligare il chitarrista all'uso di corde a pallino doppio, crea un meccanismo di bloccaggio della corda del tipo a leva ponendolo all'estremità del manico mentre, per l'accordatura, crea un mix tra una meccanica tradizionale e un dispositivo di hne tuning. Si tratta di sei slitte, regolabili micrometricamente attraverso lunghe e comode manopole cilindriche, all'estremità delle quali, in recessi con fessura verso il ponte, vengono ospitati i pallini. Cambiare una corda è un'operazione molto semplice e veloce. Basta sollevare la levetta corrispondente in cima al manico e lascare la piccola ganascia agendo sulla rotellina dentata: la corda da sostituire è così libera. Si deve, poi, girare il cilindro di accordatura (fa le veci della manopola della meccanica) posto all'estremità opposta dello strumento) in modo che la slitta sia al suo massimo punto di avanzamento (verso i pickup). Si mette il pallino della nuova corda nella sede appropriata situata nella slitta, si porta la corda alla paletta e la si infila nel meccanismo di bloccaggio, si agisce sulla ruota per avvicinare la ganascia e si blocca la corda azionando la levetta. Infine, si accorda fine sempre utilizzando la manopola cilindrica.

Sempre dalla testa del manico, un monoblocco di bellissimo acero occhieggiato sul quale è stata incollata una tastiera in altrettanto eccezionale acero occhieggiato, si accede al dispositivo di regolazione del tendimanico. La regolazione la si fa agendo, tramite una delle chiavetta Allen in dotazione, sul bullone a testa esagonale interna. Tangibile segno di tenera attenzione da parte del costruttore verso gli utilizzatori dello strumento è dato dal modo in cui le chiavette vengono offerte: sono tutte raccolte assieme su di una basetta metallica assemblata a mano, comprese le estremità delle chiavette stesse che sono ritorte per essere alloggiate sulI'asse di ancoraggio. Il tutto assume l'aspetto di uno di quei coltelli svizzeri multifunzione.

I risuonatori al posto del corpo
A sottolineare l'importanza del corpo nella determinazione del suono anche in una solid body, Ulrich Teuffel ha progettato e dotato lo strumento di due coppie di risuonatori cilindrici di diverso materiale. La coppia di colore blu ha l'anima in frassino smamp mentre la coppia di colore rosso ce l'ha in acero. Di facile intercambiabilità (due viti per ciascuno), i risuonatori dovrebbero fornire, a detta del costruttore due sonorità diverse, propno come awiene in presenza di corpi solidi tradizionali di essenze differenti. Le vibrazioni delle corde, attraverso il ponte e il capotasto (via manico), arnvano alle due sculture e, quindi, ai risuonaton i quali fanno, owiamente, la loro funzione e ri-inviano le vibrazioni alle corde alimentandone il sostegno e foraggiandone il contenuto armonico. Sarà davvero così? Potrà questa bellissima chitarra-scultura regalarci le emozioni di una Stratocaster, di una Les Paul? E, poi, chissà a che famiglia appartiene: avrà un suono più Fender o più Gibson-oriented?

Due parole anche sulle due sculture in alluminio cromato ottenute con il classico procedimento della cera persa in uso ancor oggi tra gli scultori per ottenere opere di fusione. Si tratta di costruire il modello in cera la quale viene poi awolta di un materiale ceramico. Il tutto viene messo in forno per cui, mentre la ceramica si solidifica, la cera si scioglie lasciando all'interno un vuoto della forma desiderata riempito successivamente, attraverso un forellino e sotto vuoto, da alluminio fuso. A raffreddamento avvenuto, si rompe lo stampo in ceramica e rimane la forma metallica desiderata che dovrà essere lavorata di fino e poi cromata.

I pickup
Di forma non tradizionale, i trasduttori in dotazione della Birdfish sono cinque: due single coil e tre humbucker. Essendo uguali nella forma e nel colore il costruttore ha pensato bene di fornirli di un segno distintivo posto nella facciata inferiore: i primi sono contrassegnati rispettivamente con le lettere "L" e "R" mentre i secondi recano rispettivamente uno, due e tre puntini bianchi. I puntini degli humbucker contraddistinguono il picLup, per così dire, flat, tutto aperto (un puntino), quello con i medi in evidenza (due puntini) e quello più hot, più aggressivo, più potente (tre puntini). A1 di là di quelli che saranno i risultati del test sonoro, i pickup sono davvero gradevoli alla vista, hanno una forma originale (qualcuno, in questa calura estiva - è luglio mentre scrivo - vedrà somiglianze con una fetta di anguria!) e sono dotati di un dispositivo di regolazione semplice ed efficace in grado di soddisfare, almeno sulla carta, i patiti del suono personalizzato. Adottando soluzioni in parte applicabili anche agli strumenti tradizionali (certo la costruzione "in aria" offre la massima libertà), la Birdfish offre la possibilità di un fine tuning dei pickup. Vediamo come. Ogni pickup ha due sole vie di contatto con il resto dello strumento: un perno per fissarvisi e una uscita per fornire il segnale. Mentre il collegamento con la centrale elettrica avviene tramite un mini jack e un cavo ottimamente schermato da una guaina metallica di fili intrecciati, il fissaggio del perno su una piccola slitta metallica avviene tramite una manopolabullone con la parte inferiore conica in grado, quando avvitata, di premere sullo stesso fissandolo. Durante questa operazione si dovrà scegliere quale dovrà essere la distanza del pickup dalle corde e poi fissarlo. Il fine tuning non è, però, finito. Il fissaggio blocca il picLup in altezza ma lo si può ancora ruotare sull'asse. Questa possibilità, collegata a quella fornitaci dalla slitta che può scorrere sulla barra graduata, permette di scegliere il posizionamento ottimale. Si può, quindi, cercare in lungo e in largo dove sono i nodi (buchi di frequenze) o i ventri (esaltazione) soddisfacendo attraverso questa ricerca i propri gusti sonori. Trovato il posizionamento giusto, si bloccherà il picLup agendo con le chiavette Allen: dapprima sul dado posto all'interno della testa della manopola-bullone e, poi, su quello di fissaggio della slitta. In tal modo si sarà regolato il pickup in altezza e in posizionamento rispetto alle armoniche. Ci vengono in mente le soluzioni di Lawrence - Dan Armstrong (sliding pickup) e di Turner (pickup rotante) ma nella Birdfish le due soluzioni si uniscono fornendo una gamma di possibilità la cui utilità valuteremo in sede di test sonoro.

Il test
Quello degli occhi lo ha superato fin dal primo momento ma uno strumento, per essere definito tale, deve, per prima cosa, suonare e farsi suonare nel migliore dei modi diventando una appendice naturale del musicista.

La Birdfish, suonando da seduto, è uno egli strumenti più equilibrati e meno sfuggenti che mi siano capitati di imbracciare. Il becco delI'uccello, oltre che un ottimo manico per il trasporto, si rivela un decente collegamento con la gamba, stancante, comunque, se il suonare va oltre l'esecuzione di qualche brano. Se si è soliti suonare da seduti, si può ovviare alla cosa allargando la base di contatto: per esempio, mettendosi sulla gamba un pezzo di gomma di buon spessore.

Per il resto tutto bene. Si possono davvero mollare le mani e lo strumento resta fermo senza sbilanciarsi dalla parte della paletta come avviene per la gran parte delle chitarre. Posizionarlo a terra è una goduria perché, possedendo due appoggi inferiori (l"'astronave" dei controlli e l'estremità di uno dei risuonatori) non rivela incertezze di stabilità e ciò è una bella garanzia contro pericolose cadute.

Ottimi il manico e la tastiera. Su quest'ultima si evidenzia, però, una imperfezione, anche se leggerissima (con strumenti del genere puntiamo lampade da 1.000 watt e oculari 10x da filatelici!) dal lato Mi cantino nella zona tra 1'ottavo e il quattordicesimo tasto. Si tratta di una micrometrica rialzatura che procurava a strumento ancora da accordare (era circa un tono sotto) un leggerissimo fenomeno di frusta quando eseguivo sul cantino note tra il La e il Do. Il fenomeno è sparito appena la Birdfish è stata portata in pitch.

Fraseggiare risulta alquanto comodo, anche se la tastiera non è definibile la classica autostrada: mi ricorda più qualche asprezza Fender (peraltro salutare per alcuni generi) che i "biliardi" GiLson, PRS o di certe Ibanez, solo per citare alcuni marchi. Resta, comunque, una strada più che praticabile anche per quei chitarristi virtuosi amanti, a ragione, del burro sotto le dita!

E veniamo al suono. La prima parte del test (io la chiamo la prova Hi-Fi) I'ho fatta utilizzando le apparecchiature del mio studiolo domestico entrando dentro il Tubeman Plus della H&K e andando al mixer (Spirit Studio). Ascolti: YamaLa NS70 e ESB entrambe pilotate da finali Yamaha (2700 le prime - 350+350 W - e M65 le seconde). Cavi Reference Laboratory e Klotz.

Subito c'è stata una grande conferma. Il suono lo avevo sentito anche a Francoforte ma, io lo so, mi fido solo delle vibrazioni casalinghe, delle conferme date dalle onde che sbattono sulle vecchie pareti della casa, che girano fra i libri, i dischi, gli altri strumenti appesi al muro. In questa prova non c'è mai niente di sofisticato, la procedura che uso è del tipo "ciapa el cavo, fica el spinotto dentro e sona". Se avviene il miracolo che cominciano a girare farfalle sonore, che un senso di beatitudine mi prende, allora vuol dire che ci siamo. Parlo di miracolo perché è una vita che cerco di individuare cos'è che mi procura il benessere, la suggestione, I'attrazione fisica che provo in presenza di un bel suono. Sì, ascoltando analiticamente qualcosa la becco: certe armoniche qui, certe armoniche là so che mi cullano l'orecchio, e l'analizzatore di spettro mi dice anche più precisamente quali. Succede però poi che durante un altro test uno strumento diverso evidenzia una differente fonte di profumo sonoro (altre armoniche altre bande esaltate o affossate) e allora alla verità di prima se ne aggiunge un'altra e la cosa mi ubriaca il cervello! Hey, sto parlando delle mie verità, non sto universalizzando quello che scrivo. Magari a voi il suono della Birdfish non piacerà...

Il suono che esce dalle varie combinazioni possibili sulla Birdfish (ricordiamo che i pickup montati sono due single coil e un humbucker al ponte), è decisamente "fenderiano", con l'apertura, la freschezza e la perentorietà dell'attacco, la suggestiva modernità dei migliori monobobina. E niente magrezza ma una rotondità giovane, prorompente ma non esagerata, con una turgidezza da quindicenne. Niente bassi muftied (imbacuccati), indistinti, con scarsa propensione alla socializzazione con le altre frequenze ma un bell'insieme di suoni chiari, ben caratte rizzati: dagli stratocasteriani più evocativi ai bei nasali funky. Niente di straordinario o di mai sentito, ben s'intende, ma sicuramente tra il meglio del repertorio sonoro in circolazione a fine millennio con propensione ad aprire quello nuovo nel migliore dei modi. Terminato il test Hi-Fi (durante il quale si è pure evidenziato, per onor di cronaca, un leggero ronzio di fondo) sono passato a sparacchiare le mie umili cartucce sonore attraverso il vecchio combo H&K, per sentire se il suono della Birdfish si sarebbe gelato attraverso un transistorizzato. Beh, niente gelo ma anche niente calor addizionale: si è aggiunto, ovviamente, del punch e per gli amanti dei bassi spaccadentiera questo genere di portata risultava buono quanto basta, grazie anche al cono Celestion non di serie in dotazione all'ampli. Soddisfatto della prova (ho suonat o nel garage anti-atomico, seguendo delle basi sparate da un vecchio portatile monstre tipo Turbo Bass), ho voluto dividere l'eccitazione con Nicola Cristante, il bravissimo chitarrista e amico di cui leggete gli applicativi di blues e jazz sull'allegato Chitarre&Bassi. L'ampli è diventato un combo Caliber 50 della Mesa Boogie e in questa configurazione, cercando di utilizzare al nostro meglio le possibilità di equalizzazione (il Caliber oltre dei normali controlli di tono - bassi, medi, acuti e presenza - è dotato anche di una sezione equalizzatrice a cinque bande), la Birdfish fa sentire la timbrica di cui è dotata in tutta la sua trasparente e piena bellezza. Lo ripetiamo, per,noi si tratta di uno strumento Fender-onented che stimola all'uso dei suoni puliti. Ciò non significa che i suoni crunchy o distorti non vengano fuori bene ma dal mio punto di vista la dimensione nature di elezione è quella evocativa Strato-style e quella funky. É in questi contesti che il DNA sonoro della Birdfish si fa sentire e apprezzare.

Ultime annotazioni. Il dispositivo di accordatura (le slitte mosse dalle manopole cilindriche) ha rivelato una grande precisione di accordatura. Buono il sustain. Personalmente farei il tentativo di dotarla con tasti jumbo di medio calibro con testa bassa. Ho sentito, e forse anche altri la sentiranno, la mancanza del vibrato.

Conclusioni
Uno strumento insolito, futuristico, per qualcuno certamente stravagante ma sicuramente funzionale, sicuramente di qualità sonora, sicuramente di apprezzabilissimo design. Andare sul palco con questo dispositivo ingenererà di certo negli spettatori una folata di sana curiosità e questa, assieme all'ottimo suono e suonabilità, lo trasformerà in una bomba musical-visiva di ottima, dirompente efficacia. Altamente desiderabile, molto sexy. Una chitarrista topless con un marchingegno del genere è probabile faccia scoppiare più di un tubo catodico! A presto. Vedo se riesco a farmi mandare il nuovo modello denominato Coco.

written by Maurizio Piccoli



 
strumenti musicali 10/1999